La sindrome di Paint your life

E’ un morbo insidioso, una patologia con poche speranze di essere affrontata, curata e, infine, guarita. Si chiama Sindrome di Paint your life ed è quella stranissima malattia che ti porta a pensare di poter rinnovare tutta la tua casa decorando i tubi di cartone che avanzano quando termina la carta igienica. Diligentemente vorresti buttarli nel secchio dedicato al riciclo della carta, poi, senza alcun motivo, inizi a fantasticare e ti dici: “E se lo ricoprissi di colla vinilica e lo trasformassi in porta cotton fioc? Finalmente avrei una soluzione ad uno dei problemi più annosi di sempre, la conservazione del cotton fioc, e potrei abbellire il mio bagno senza spendere una lira”. Questa malattia, vedete, si diffonde con una velocità che neanche Steven Soderbergh nel sequel di Contagion avrebbe potuto immaginare. Normali madri di famiglia, single in carriera,  fresche sposine (e derelitti compagni) cominciano a ritenere di essere in grado di cambiare volto ad ogni cosa, dalla cassetta dei vini allo sgabello dell’ingresso, passando per una triste maglietta bianca che, con pochi tocchi, potrebbe diventare un’utilissima borsa, con intarsi in cadmio.

In principio fu Art Attack, il programma di Rai Due, condotto da Giovanni Mucciaccia, che ha nobilitato l’uso della colla vinilica. Ricordate sempre di diluirla con dell’acqua se volete che la superficie ricoperta risulti “Duuuuuura come la pietraaaaa” (accompagnate la frase picchiettando sull’oggetto come se bussaste alle porte del paradiso). Altrimenti diventa semplicemente molto collosa, molto vinilica. In sostanza una schifezza. Poi, dopo anni e anni di studio, si è passati a Paint your life, la versione più adulta di Art Attack, quella fatta per le casalinghe amanti del bricolage estremo, quotidianamente sintonizzate su Real Time. La conduttrice, Barbara Gulienetti, ha le fattezze di una fatina. Sembra una maestra d’asilo. Ha dei figli, quindi, è certo, conosce le cose della vita. A meno che non abbia costruito da sé i suoi bambini, sfruttando dei vecchi pupazzi e facendoli diventare dei simpatici succedanei di un lattante. Ma non credo sia mai arrivata a questo punto. Almeno lo spero per lei. Perché mi è molto simpatica e in fin dei conti amo (e ammiro) il modo in cui riesce a rendere facili le imprese più spericolate, come quella di far diventare quelle tipiche pedane di legno che servono a scaricare la merce in un divano letto da monolocale. O meglio, un letto che all’occorrenza diventa un divano, che poi diventa libreria, che poi diventa un porta computer. Ma come caspita faccio a procurarmi una pedana che serve a scaricare la merce? Chi è così folle da rischiare il posto di lavoro per farti dono di una pedana?

Il problema è sempre quello: come procurarsi gli ‘ingredienti’ per il progetto della settimana. “Andate dal vostro falegname e procuratevi dei listelli tagliati a misura”, dice allegra Barbara parlando della bellissima cassettiera fatta con vecchie cassette di frutta di legno. Frase che pone interrogativi profondi tipo “Eh?” e poi “Chi lo conosce un falegname?” oppure “Se conoscessi un falegname non mi metterei di certo a rubare cassette di frutta”. Il progetto della settimana viene così accantonato, ma qualcosa dentro inizia a rodere quindi l’attenzione va a alla ciotola fatta con materiale di riciclo. Ci si fa coraggio da soli e si verifica la presenza dell’occorrente. Ciotola di plastica? Ok. Pellicola? Ok. Colla vinilica? Ce l’ho! Giornali? Certamente. Stucco? Pausa di riflessione. Stucco? La pausa si allunga. Stucco? Chissà se la fecola di patate è la stessa cosa. Ancora una volta la dura realtà, con le sue assenze incontrovertibili, prende il sopravvento su qualunque desiderio di mettersi alla prova. E’ un peccato perché la ciotola fatta con materiali di riciclo è davvero molto bella. Bisogna aspettare due ore tra una pennellata di colla vinilica e l’altra; due ore in cui si suppone che i pezzi di giornale, strappati, inzuppati di mistura collosa e sistemati sulla pellicola, a sua volta posta sulla ciotola, si solidifichino. Il risultato è sorprendente però! Una ciotola fatta coi i giornali!  Ecco. Chissenefrega perché tanto bisogna passare su tutta la superficie il famoso stucco. E attendere 24 ore che si asciughi, tra un passaggio e l’altro. Per un totale di tre passate. Tre giorni di attesa per solidificare la ciotola esternamente. E altri tre giorni per l’interno. I giornali (ma come? Erano bellissimi…) non si vedono più, la ciotola è tutta bianca e si può finalmente dipingere. Facendo asciugare la vernice acrilica per tre ore. In soli 12 giorni la ciotola è pronta. Vuoi mettere la soddisfazione? Sicuramente sì, ma se per caso mi dovesse succedere qualcosa in questo lasso di tempo? Una tonsillite fulminante, un contagio da tetano, eventualità possibile visto che rubo ferri arruginiti da riciclare nel fine settimana, un viaggio in Siberia per partecipare alla settimana della moda?

E’ a questo punto che mi ricordo che da Ikea c’è l’offerta sulla ciotola Blanda. Il nome mi fa ridere ed è trasparente, ma è pronta qui ed ora. Su Ikea mi sono già soffermata più e più volte in alcuni post passati, quindi sapete già quanto io ami quell’ammasso di truciolato che si ostinano a chiamare mobili; ma capisco anche lo slancio vitale che possa spingere una donna a voler progettare un porta foto, un puff poggiapiedi, una cucina modulare, un tavolo per il soggiorno, un soggiorno premio per due persone in Dalmazia. In fondo, chi sono io per giudicare? Io ho trasformato degli occhiali 3D usa e getta in una divertentissima cornice porta foto (vedi foto) e per poco non stavo per spedire il progetto a Barbara. Un giorno, vedendo delle vecchie casse da stereo buttate in mezzo all’immondizia, ho pensato di poterle riciclare e trasformare in qualcosa. Io ho conservato il copriasse del mini asse da stiro Ikea perché volevo disperatamente cambiare la sua essenza. Mi piaceva troppo quella fantasia a fiori blu per essere gettata nella pattumiera. Anche se è lì che è finita, dopo aver trascorso un’intera settimana come coprilavatrice. Non so se gli uomini siano coinvolti da questa ondata brico-pornografica, da questa lotta per il cambio della destinazione d’uso o se, a differenza delle loro sorelle, mogli, madri, non siano immuni a questo delirio, provando fastidio e invidia per lo sfrenato ottimismo che sottende ogni trasformazione. Quell’ottimismo che ti spinge a ricoprire con lo zinco il tavolo della cucina. A proposito, lo vendono in rotoli, esattamente come l’alluminio per alimenti. Ma non ci si può fare la cottura al cartoccio.  

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